Senza anestesia. E’ il dolore che il papà e i fratelli di Giulia stanno sopportando in queste ore: insopportabile. Dilaniante. Da togliere il fiato, come un pugno nello stomaco.
Non ci sono appigli. Non c’è più nemmeno la forza per provare a rialzarsi. In casa Cecchettin la morte aveva già bussato un anno fa, portandosi via mamma Monica, annientata da un male incurabile. Poi è tornata, per prendersi anche Giulia, la 105esima donna vittima di violenza in Italia nel solo 2023.
E come è facile, ADESSO, riavvolgere il nastro, soffermarsi su quei dettagli che avrebbero (forse) potuto salvare Giulia. E molte altre. Lo facciamo tutte le volte. Cerchiamo segnali, testimonianze, ascoltiamo la voce di amici e parenti della vittima. Interviste, post sui Social.
Eppure non basta mai, eppure succede ancora!
Perché? Dove sbagliamo? Per capirlo, dobbiamo tornare indietro e ripercorrere le nostre origini.In Italia il delitto d’onore è stato abolito nel 1981, insieme al matrimonio riparatore. La violenza sessuale, invece, è diventata reato nel 1996. Solo 27 anni fa.
Siamo in un Paese che non crede abbastanza nella parità e nel rispetto. Un Paese ancora così fondato sulla cultura patriarcale che le stesse donne, purtroppo, spesso ne sono vittime: la gelosia, il possesso, l’allontanamento dai propri amici SONO UNA LIMITAZIONE DELLA LIBERTA’. Molte di loro, invece, in quei gesti ritrovano (chissà come) una dichiarazione d’amore. La chiamano protezione. La parola giusta è controllo.
Resta ancora molto da fare. Serve una rivoluzione culturale. DOBBIAMO insegnare alle bambine ad essere coraggiose, indipendenti, capaci di badare a se stesse, senza bisogno di salvagenti. E DOBBIAMO insegnare ai bambini a rispettarle e a non considerarle “esseri fragili”.
Perché è dall’uguaglianza che nasce la valorizzazione delle differenze. E le differenze sono un punto di forza, mica una debolezza.