La minore durata della stagione invernale, con temperature medie sempre più alte e con picchi decisamente anomali, ha innescato un probabile allungarsi della finestra di attività delle api, ipotizzabile in 20-30 giorni di lavoro in più l’anno.
Secondo i ricercatori, dunque, l’inverno più corto e più caldo determinerebbe uno stress aggiuntivo per le api e comprometterebbe la loro salute.
Il cambiamento climatico contribuisce così al fenomeno della moria di questi insetti in modo determinante (secondo solo agli effetti letali dei pesticidi).
IL VALORE DELL’ACQUA
Non trascurabile anche il tema idratazione. L’acqua riveste più funzioni per l’ape: sostiene le sue attività vitali, funge da diluente per la produzione della pappa larvale, rientra nella regolazione termica dell’alveare.
Dunque, la siccità (fenomeno con il quale abbiamo imparato a fare i conti negli ultimi anni) è un altro fattore che mina pesantemente la loro vita.
I NUMERI PARLANO CHIARO
Dati alla mano, si può parlare di emergenza. Secondo i dati forniti da dagli apicoltori italiani dell’Unaapi, la produzione di miele negli ultimi 5 anni è calata del 80%.
Tra le cause principali, proprio la siccità: i fiori non secernono più nettare e polline e le api, in sofferenza per il clima anomalo, non solo non producono miele, ma rischiano di non riuscire a fornire il loro determinante servizio di impollinazione alle colture agricole.
“E’ necessario salvare questi insetti per proteggere la biodiversità”, commenta ai nostri microfoni il Colonnello Mario Giuliacci.
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